120giorni per mettere le ali

In questa pagina troverai tutte le email della Lista d'Attesa, inviate da Lunedì 11 Ottobre in poi

Clicca qui per aderire al percorso completo

Lunedì 11 ottobre 2021
Grazie, ma non a nome mio

Ciao,

ricevi questa email perché ti sei iscritto alla Lista di Attesa dei 120giorni.

Sono convinto di una cosa, ma credo che anche tu la penserai allo stesso modo: la comunicazione non è roba da esperti.

Certo, ci sono persone di cui la gente dice "Quello sì che è un buon comunicatore!"

Ma la comunicazione è pane quotidiano per tutti:
  • la famiglia è un luogo in cui bene o male si cerca di comunicare; e Dio solo sa quante sofferenze può portare l'incomunicabilità, tanto di coppia, quanto tra genitori e figli o tra fratelli;
  • il lavoro è sempre più orientato alla comunicazione, perché in un mondo iper connesso e complesso chiunque deve saper spiegare ciò che fa; ancor prima, il capo comunica con i suoi dipendenti, e viceversa; e i colleghi sono continuamente chiamati a confrontarsi tra loro sul piano del lavoro come su quello del rapporto umano;
  • durante il tempo libero i rapporti sociali ci danno gioia e soddisfazione se riusciamo ad avere una comunicazione serena con gli amici che frequentiamo;
  • e anche la comunità cristiana, come altri luoghi di aggregazione, sono luoghi in cui un buono scambio comunicativo tra le parti garantisce una vita e una crescita serena.

Ecco perché il tempo e le energie dedicate per capire come possiamo comunicare meglio con noi stessi e con gli altri sono sicuramente tempo ed energie ben spese.

Ecco perché oggi voglio ringraziarti per esserti iscritto alla Lista d'Attesa di 120giorni: grazie a nome di tutte le persone che vivono intorno a te, perché se migliorerà la tua comunicazione, migliorerà anche la tua vita e la vita di chi ti sta attorno.

Ci sentiamo presto,

Martedì 12 ottobre 2021
Tre sorprese in più

Ciao,

ricevi questa email perché ti sei iscritto alla Lista d'Attesa di 120giorni per mettere le ali: da venerdì 15 ottobre ti manderò un'email per 10 giorni come assaggio del percorso.

Se poi deciderai di aderire al percorso completo, giorno dopo giorno inizierai a ricevere le 120 email.

Ma ci sarà qualcosa di più. Anzi, tre cose in più.
 
  1. Durante il percorso vivremo periodicamente degli incontri live durante i quali approfondiremo gli argomenti trattati nelle email. Chi vorrà potrà intervenire in diretta per esprimere dubbi, fare domande o proporre riflessioni. Per chi non potesse seguire la diretta, gli incontri rimarranno disponibili anche in differita.
  2. Volendo, chi è iscritto a Facebook potrà accedere a un gruppo riservato sul quale condividere la propria esperienza e confrontarsi con gli altri compagni di cammino, ricevendo e donando stimoli, riflessioni, incoraggiamenti. È bellissimo condividere le proprie difficoltà e capire di non essere soli nel cammino.
  3. Infine, una novità di quest'anno: ogni tanto registrerò qualche breve video in cui risponderò alle domande che qualcuno di voi potrebbe rivolgermi durante il cammino (sempre che la persona che mi ha scritto sia d'accordo, e in ogni caso preservandone la privacy).

A domani,

Giovedì 14 ottobre 2021
La sveglia

Buongiorno!

Ogni giorno suona la sveglia e tu ti alzi, vivi la tua giornata e fai un sacco di belle cose.

Qual è il ruolo della sveglia in tutto ciò? Non credo che tu l'abbia mai ringraziata per la bella giornata che hai vissuto.

Da domani ti invierò ogni mattina per dieci giorni un'email che potrà farti da sveglia (e se poi vorrai, per altri 120 giorni): ti proporrò qualche riflessione per essere più consapevole della tua comunicazione, prima con te stesso e poi con gli altri.

E come ogni mattina, una volta che la sveglia è suonata toccherà a te prendere in mano la tua vita e la tua giornata per farne un capolavoro.

Un capolavoro che rallegrerà te e tutti quelli che ti saranno accanto.

PS: spero solo che la mia sveglia non sia traumatica come quella che hai vicino al letto ;-)

Venerdì 15 ottobre 2021
1 - Il Saggio alle porte della città

Ciao,

questo piccolo racconto è la sveglia di oggi. Esprime perfettamente uno dei pensieri di fondo che ci accompagnerà in questo percorso.
 
Ciò che porti nel cuore (storia Zen)
 
Un vecchio saggio sedeva alle porte di una città.
Un giovane gli chiese: «Non sono mai venuto da queste parti. Come sono gli abitanti di questa città?»
Il saggio rispose con una domanda: «Come erano gli abitanti della città da cui provieni?»
«Egoisti e cattivi. Per questo sono stato felice di venire via.»
«Così sono gli abitanti di questa città», gli rispose il vecchio saggio.
 
Poco dopo un altro giovane si avvicinò e gli pose la stessa domanda: «Sono appena arrivato. Come sono gli abitanti di questa città?»
L'uomo rispose di nuovo con la stessa domanda: «Com'erano gli abitanti della città da cui vieni?»
«Erano buoni, generosi, ospitali, onesti. Avevo tanti amici e ho fatto molta fatica a lasciarli!»
«Anche gli abitanti di questa città sono così», rispose il vecchio saggio.
 
Un mercante aveva udito le due conversazioni e quando il secondo giovane si allontanò si rivolse al vecchio con tono perplesso: «Come puoi dare due risposte completamente differenti alla stessa domanda?»
 
«Figlio mio», rispose il saggio, «ciascuno porta nel cuore ciò che è. Chi non ha trovato niente di buono in passato, non troverà niente di buono neanche qui. Al contrario, colui che aveva amici leali nell'altra città, troverà anche qui amici leali e fedeli. Perché ogni essere umano è portato a vedere negli altri ciò che porta nel cuore

La prima volta che ho sentito questo racconto, qualcosa non mi convinceva. Poi un giorno una persona mi ha detto così:
«Sapessi don, sono così contento: ho appena cambiato ufficio, ora sì che mi trovo bene! Finalmente con i miei colleghi posso dialogare e ci aiutiamo a vicenda: non come in quell'altra filiale in cui mi trovavo così male»

L'ho rivisto sconsolato qualche settimana dopo:
«Che delusione: credevo che quelle persone fossero diverse, e invece»

E invece probabilmente lui era sempre lui, con tutto ciò che si era portato dietro.

Nell'atteggiamento che gli altri hanno nei tuoi confronti, puoi vedere uno specchio di come ti poni, di ciò che dai, di ciò che sei di fronte a loro.

Se ti chiedessi che tipo di rapporti hai con le altre persone, forse mi diresti:
«Beh, dipende»

Certo, dipende. Dipende anche da te.

Se sei aperto, positivo e genuino, più facilmente avrai relazioni aperte e positive con gli altri.
Se sei chiuso, sospettoso e negativo, potrai aspettarti dagli altri qualcosa di diverso?

So bene che non possiamo pensare che tutto dipenda da noi, ma questo racconto ci invita a farci qualche domanda.
  • Quali sono i tuoi pensieri nei confronti degli altri?
  • Sei consapevole di come quei pensieri abbiano un'influenza sul tuo modo di atteggiarti?
  • E a partire dai tuoi pensieri, cosa comunicano di conseguenza il tuo corpo, le tue parole e i tuoi atteggiamenti quando ti avvicini agli altri?
 
Durante i 120giorni avremo tempo per ragionare insieme su questo e molto altro.

A domani,

Sabato 16 ottobre 2021
2 - Non ho detto niente

Ciao,

immagina una scena del genere: qualcuno che ti conosce bene dice oppure fa qualcosa in tua presenza; tu lo guardi senza aprire bocca. Anche lui rimane in silenzio, ti scruta per qualche secondo, e poi ti dice:
«Beh? Cosa stai pensando? Dimmelo, dai!»

E tu gli rispondi tranquillo:
«Ma guarda che non ho detto niente!»

È vero, non hai aperto bocca. Ma forse la tua faccia ha parlato, più di mille parole.

Quando non abbiamo voglia di comunicare possiamo fare tante cose:
  • chiuderci in camera;
  • guardare lo smartphone;
  • uscire a fare una passeggiata.

Ma se siamo in presenza di qualcuno, le cose si complicano: perché puoi anche non volerlo, ma che tu lo voglia o no, è impossibile non comunicare qualcosa.

«Ma che dici don: se non ho voglia di parlare me ne sto zitto e basta, anche se fossi in una stanza affollata!»

Certo: possiamo isolarci e chiudere gli occhi pur essendo in mezzo a una folla, ma stiamo ugualmente comunicando qualcosa, anche senza volerlo:
  • comunichiamo elegantemente e silenziosamente il desiderio di non comunicare;
  • in altri casi, manifestiamo insofferenza sbuffando, girando gli occhi verso l'alto o scrollando la testa visibilmente seccati.

Pensaci: qualsiasi comportamento è già una forma di comunicazione; e visto che non si può non avere un comportamento, è impossibile non comunicare.

Del resto ne abbiamo fatto esperienza moltissime volte: ecco due esempi.

Immagina di salire quindici piani in ascensore insieme a uno sconosciuto: è un'esperienza imbarazzante durante la quale, anche stando zitti, ci sentiamo a disagio. E se i piani sono soltanto due, anche quei pochi secondi sembrano durare ore ed entrambi siete consapevoli dell'imbarazzo che vi state comunicando a vicenda.

Oppure sull'aereo: potresti aver voglia di dire due parole con il tuo vicino di sedia per rompere la tensione, ma se lui ha le cuffiette e tiene gli occhi fissi su un libro, pur senza aprire bocca il suo messaggio ti arriva forte e chiaro:
«Non rompermi le scatole, non ho assolutamente voglia di parlare con te.»

Le parole comunicano. Il tono di voce comunica.
E anche il nostro corpo e il nostro atteggiamento comunicano, eccome se lo fanno.

Quando stai con i tuoi cari o incontri qualcuno, sei cosciente del fatto che stai comunicando qualcosa anche se non dici una parola?

A volte le parole nascondono ciò che pensiamo, ma è difficile che il nostro corpo menta: se farai attenzione al tuo comportamento non verbale, ti accorgerai che, oltre a mostrare agli altri ciò che pensi, esso può essere un'ottimo indicatore anche per conoscere meglio te stesso, ciò che provi, ciò che ti piace e non ti piace, ciò che non vuoi e ciò che desideri.

PS: da oggi è possibile aderire al percorso completo dei 120giorni per mettere le ali.

Come hai letto nella pagina da cui ti sei iscritto a questa Lista d'Attesa, il percorso prevede una quota di adesione: oltre a coprire le spese vive del percorso, con essa potrai aiuterai le mie comunità parrocchiali nello svolgimento delle loro attività pastorali e caritative, tra cui il sostegno alle famiglie in difficoltà attraverso la Caritas e l'aiuto che i volontari portano alle persone senza dimora.

Per tutto questo ti ringrazio già adesso.

 
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120giorni per mettere le ali

A domani,

Domenica 17 ottobre 2021
3 - Sono fatto così

«È il mio carattere, sono fatto così: non ci posso fare niente!»

Forse anche tu hai detto così dopo qualche discussione in cui qualcuno rimproverava un aspetto del tuo comportamento; salvo trovarti in situazioni analoghe a criticare altri e a desiderare da loro un cambiamento nel modo di fare.

Non vogliamo adattarci agli altri, ma vorremmo che gli altri cambiassero per adattarsi a come li vogliamo.

Se sono onesto con me stesso, devo riconoscere che dire "sono fatto così" è molto comodo. Equivale a dire: come non posso cambiare il colore dei miei occhi, così non mi è possibile modificare certi aspetti del mio temperamento.

In altre parole: so che cambiare è faticoso, ma se considero il mio carattere come parte del mio DNA, non avrò bisogno di affrontare quello sforzo.

Io credo invece che cambiare sia possibile. Certo, alcune caratteristiche sono molto radicate in noi, e dobbiamo accettarle.

Ma certi comportamenti o modi di rispondere, più che essere qualcosa di innato, sono frutto di abitudini, e come ogni abitudine, sono diventati quasi una seconda pelle, un modo istintivo di porci e di reagire di fronte a ciò che ci accade e a ciò che fanno gli altri.

A forza di ripetere certi comportamenti, ci viene istintivo metterli in atto in certe situazioni, ma ciò non significa che non sia possibile giorno dopo giorno cambiare, un passo alla volta:
  • prendendo coscienza dei comportamenti che sarebbe bene abbandonare;
  • iniziando a comportarci in modo diverso;
  • arrivando così a sviluppare nuove e diverse abitudini di comportamento.

Tu sei diverso dalla persona che eri cinque anni fa, e tra cinque anni potrai essere ancora migliore, se proverai giorno dopo giorno a mettere in atto azioni diverse, che passo dopo passo si trasformeranno in nuove abitudini, che abitudine dopo abitudine forgeranno in meglio il tuo carattere.

A patto di cominciare da oggi, non da domani, da lunedì, o dal nuovo anno, ma da oggi.

PS: se salirai a bordo e aderirai al percorso completo, ricordati di allacciare le cinture, perché in questi 120giorni faremo di tutto per mettere al bando quel pensiero: "Sono fatto così". E sono certo che – almeno in parte – ci riusciremo, come c'è riuscita Marina, una delle partecipanti alla prima edizione:
 
«Il percorso mi ha aiutato tantissimo. Volevo un cambiamento, e mentre aspettavo che gli altri cambiassero, sono cambiata io.»

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A domani,

Lunedì 18 ottobre 2021
4 - Semaforo rosso

Molte delle azioni che non ci piacciono provengono dalla rabbia: credo che nessuno di noi gradisca quella sensazione di esserne dominati e non riuscire a mettere un argine a certe sfuriate di cui puntualmente ci pentiamo.

Ecco un semplice trucchetto che puoi utilizzare quando senti montare la rabbia: immagina di visualizzare un semaforo proprio davanti a te con un bel segnale rosso di stop; del resto si dice spesso "sono rosso di rabbia", e uno dei segnali di questa emozione è proprio il calore e il rossore.

Appena visualizzi il semaforo rosso, frena, rallenta, fermati. Non proseguire discussioni poco utili, non prendere alcuna decisione, cerca di non fare nulla di cui ti potresti pentire. Se necessario allontanati.

Attendi che il semaforo torni verde per ripartire ed eventualmente riprendere il discorso con calma.

Lo so bene: non sarà certo l'immagine di un semaforo che ci farà acquisire un autocontrollo simile a quello di un imperturbabile monaco buddista. Ma a volte anche piccoli trucchi di questo tipo possono aiutarci a tenere vivo il lume della consapevolezza.

Se salirai a bordo dei 120giorni, dedicheremo molte riflessioni all'affascinante mondo della rabbia – esatto, ho detto proprio così: affascinante – e a ciò che ci gravita intorno: è stato uno degli argomenti che è piaciuto di più agli iscritti delle altre edizioni.
 
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Martedì 19 ottobre 2021
5 - Non dimenticare chi sei

«Ciao, mi chiamo Andrea, sono un alcolista.»

È questo il modo in cui gli Alcolisti Anonimi si presentano al gruppo durante le loro riunioni, avrai senz'altro visto scene del genere in qualche film americano.

Questa cosa mi ha sempre incuriosito. Come se una persona orgogliosa si presentasse dicendo:
«Piacere, mi chiamo Augusto, sono un orgoglioso.»

Noi siamo più dei nostri limiti e non credo sia giusto identificarci nei nostri difetti: possiamo avere comportamenti orgogliosi, ma siamo ben più di quell'aspetto del nostro carattere e di quel nostro difetto.

Ma lo scopo di quella frase non è quello di piangersi addosso, tutt'altro. Se infatti chiedi a loro, ti diranno che si presentano così perché non vogliono dimenticare chi sono e il modo in cui l'alcol ha segnato la loro vita.

Essi sanno che dovranno lottare ogni singolo giorno con il loro problema, e la consapevolezza comune di essere fragili è ciò che  permette loro di condividere le loro battaglie, le cadute e vittorie, sostenendosi a vicenda, senza mai giudicarsi.

I limiti sono parte integrante della nostra vita. Accettarli, abbracciarli, assimilarli e fare in modo che non invalidino i nostri rapporti e la nostra serenità, è il lavoro di tutta una vita.

E anche quando quel difetto ci sembrerà superato per sempre, non dobbiamo mai dimenticare la nostra fragilità.

Nel presentarci a noi stessi e agli altri, potremmo allora tenere sempre in mente una frase di questo tipo:
«Ciao, mi chiamo [il tuo nome], sono un essere umano.»

Perché i nostri limiti e le nostre fragilità sono ciò che ci avvicina agli altri e ci permette di provare empatia e compassione. Sono ciò che ci mantiene umani.

Anche su questo rifletteremo parecchio durante i 120giorni e cliccando qui potrai aderire al percorso completo: oltre a impegnarti in un percorso di miglioramento personale, darai anche una mano alle nostre comunità parrocchiali e alla Caritas che sostiene tante famiglie in difficoltà.
 
A domani,

Mercoledì 20 ottobre 2021
6 - Non ne posso più

Buongiorno,

tempo fa parlavo con una persona, quando il suo telefono ha iniziato a squillare. Ha guardato chi era e ha girato testa e occhi all'indietro, come per dire: «Uffa, il solito scocciatore!»

Durante la telefonata, durata parecchio, mostrava insofferenza, e ogni tanto ripeteva timidamente che in quel momento era occupato. Finita la chiamata, è partita una lunga serie di lamentele:
«Questo qui mi chiama tutti i momenti e mi tiene al telefono delle ore per le solite cose. E poi chiama sempre nei momenti più improbabili o quando sono occupato: non ne posso proprio più!»

Provo a indovinare gli stati d'animo che lui – e forse anche tu in momenti analoghi – ha provato in quel momento:
  • fastidio quando ha visto il numero;
  • noia nell'ascoltare le solite cose per l'ennesima volta;
  • rabbia nel non riuscire a fargli capire chiaramente che in quel momento era occupato;
  • esasperazione per la sensazione di non poter fare nulla per arginare la situazione.

Al di là di certe telefonate che possono darci noia, in molte altre situazioni e relazioni ci troviamo a sperimentare la stessa miscela esplosiva di emozioni che ci fa urlare esasperati:
«Non ne posso più!»

Sai cosa penso? Penso che in quei momento dovremmo chiederci se quella situazione non dipenda anche da noi.

Intendo dire: tra un silenzio scocciato travestito da benevola sopportazione, e la rabbia esplosiva di chi non riesce a far rispettare certi confini, non potrà esistere una terza via in cui comunichiamo con semplicità ciò di cui abbiamo bisogno in quel momento?

Se ad esempio ricevo una telefonata e non posso parlare, potrebbe andare così:
[Lui] «Ciao, ti disturbo? Volevo chiederti una cosa.»
[Tu] «No, nessun disturbo. Però in questo momento sono impegnato. Ti spiace se ci sentiamo in un altro momento?»

E anche in altre occasioni, non sarà possibile fare qualcosa di analogo, invece di arrivare a quel fatidico non ne posso più?

Lo so: bilanciare gentilezza, comprensione dell'altro e rispetto dei propri bisogni non è sempre facile. Proprio per questo nei 120giorni ci ragioneremo parecchio su.

Se hai deciso di aderire al percorso completo, clicca qui per avere tutte le informazioni per farlo: spero che ti unirai ai tanti che lo hanno già fatto.

A domani,

Giovedì 21 ottobre 2021
7 - Le parole giuste

Ciao,

il link per aderire al percorso completo è sempre in fondo all'email, ma visto che ogni tanto qualcuno mi chiede dov'è, per comodità te lo metto anche qui: clicca qui per sapere come aderire ai 120giorni.

Ma veniamo a noi. Oggi ti chiedo di pensare a una persona con cui hai un rapporto difficile, supponiamo sia Luigi. Un bel giorno ti dici:
«Devo parlare con Luigi. Però devo stare attento, perché se gli dico così, potrebbe non capire e offendersi; se invece gli dico cosà, forse riuscirò a farmi capire. Devo trovare le parole giuste.»

Le parole giuste. Come quella volta in cui eri convinto che sarebbe andato tutto liscio, e nonostante le migliori intenzioni, è nata quella discussione spiacevole, durante la quale hai interrotto più volte l'altra persona dicendogli:
«No, aspetta, non ho detto questo, fammi spiegare meglio!»

La verità è che la maggior parte delle volte non si tratta di parole.
Le parole giuste non esistono, perché la comunicazione è qualcosa che va al di là delle parole.

Come mai se una persona che amiamo fa una cosa spiacevole, siamo subito pronti ad interpretarla in modo benevolo, mentre se la stessa cosa viene fatta da una che ci è antipatica, siamo subito pronti a condannarla senza appello? E lo stesso vale per le parole.

Il motivo è semplice: prima ancora che apriamo bocca, il tipo di relazione che abbiamo con l'altra persona influenzerà il nostro atteggiamento verso di lei – e viceversa – e di conseguenza la probabilità di successo della nostra comunicazione.

Paul Watzlawick, psicologo statunitense, ha espresso questo concetto così:
Ogni scambio comunicativo ha due livelli: un livello di contenuto e uno di relazione.

A me piace tradurlo con parole più semplici: un conto sono le parole che diciamo, ovvero il contenuto; un conto è il rapporto che c'è tra noi e la persona con la quale parliamo, ovvero la relazione.

È per questo che nei rapporti umani non possono esistere formule magiche o parole che funzionano sempre, perché l'esito della nostra comunicazione dipende da tanti fattori: oltre a quelli che non dipendono da noi – come l'altro si è svegliato quella mattina, quale momento sta attraversando, ecc. – esso dipende dalla relazione che c'è a monte di quelle parole, e dipende dal modo in cui le diciamo e dal nostro atteggiamento.

Ognuno di noi vive relazioni difficoltose con persone con le quali un rapporto deve comunque averlo: familiari, colleghi, amici o conoscenti.

Se oggi ti capiterà di relazionarti con una di quelle persone, prima di aprire bocca, rifletti:
  • interrogati sul tipo di relazione che intercorre tra voi;
  • ascolta coscientemente e intimamente il disagio che provi quando ti relazioni con lei;
  • prova infine a chiederti: «Prima di parlare, quale piccolo gesto o piccolo atteggiamento posso mettere in campo per iniziare a costruire una relazione diversa?»

PS: Mancano tre giorni all'inizio del percorso completo. Ecco come Pietro ha vissuto la prima edizione dei 120giorni:
 
«È stato bello, utile e gratificante: bello perché nuovo e stimolante; utile perché con semplicità ci hai messo di fronte a situazioni da affrontare in modo diverso e ragionato; gratificante perché, giorno dopo giorno, avvertivo che qualcosa cambiava nel mio approccio con gli altri.»

Se vuoi continuare a ricevere tutte le 120 email del percorso completo che inizierà lunedì, clicca qui per aderire.

A domani,

Venerdì 22 ottobre 2021
8 - Il filo del telefono

Quando entravo nel suo ufficio in Seminario, il padre spirituale mi accoglieva con il sorriso, mi faceva accomodare e si sedeva. Sulla sua scrivania c'erano libri e appunti, ma la parte centrale era sempre sgombra, come a voler tenere libera la strada tra noi, affinché il nostro dialogo non fosse disturbato da nulla.

Forse è anche per questo che quando ricevo qualcuno per un colloquio, cerco di avere la scrivania abbastanza in ordine. A differenza del padre spirituale di allora, spesso mi trovo a sgombrare il piano al momento.

E diversamente da quei colloqui in Seminario di quasi trent'anni fa, spengo subito il cellulare; e visto che sulla scrivania c'è anche il telefono fisso, stacco anche quel filo.

Un giorno è venuta a parlarmi Alice, una donna tormentata, segnata da esperienze molto dure. Dopo esserci seduti, ho fatto ciò che faccio di solito:
«Scusami Alice, sposto due cose così possiamo parlare più serenamente, senza distrazioni.»

Mi ha guardato stupita mentre staccavo il filo del telefono, e dopo qualche istante di silenzio, con gli occhi lucidi e la voce increspata dall'emozione mi ha detto:
«Nessuno aveva mai staccato il telefono per me…»

Quella sera prima di addormentarmi ho ripensato a quelle parole. A me quel gesto non costa nulla, per lei ha significato moltissimo: si è sentita importante, ha capito che volevo ascoltarla, che in quel momento volevo essere lì solo per lei.

Ho pensato a quanto sono stato fortunato ad avere un padre spirituale che mi ha fatto capire che l'ascolto passa anche attraverso piccole attenzioni che possono fare la differenza. Forse Alice non aveva mai ricevuto quel dono.

Sono molti i fattori da cui dipende una buona relazione e l'ascolto è una delle fondamenta su cui possiamo porre solide basi. Staccare un filo o silenziare un cellulare non è tutto, ma può essere un buon inizio per regalare un ascolto accogliente.

Quando ascolti quell'amico, il tuo partner o quella persona che ha bisogno di parlare, quali fili potresti staccare per regalare un ascolto più profondo?

Durante i 120giorni scopriremo parecchi atteggiamenti che miglioreranno la nostra capacità di ascoltare: mancano due giorni all'inizio del percorso completo.
 
Clicca qui per aderire ai 120giorni

PS: hai ragione, resta il citofono, devo capire come organizzarmi anche con quello ?

A domani,

Sabato 23 ottobre 2021
9 - Questa scommessa la vincerò

Ciao,

sono pronto a giocarci tutto l'oro del mondo: scommetto che non sei perfetto. Ho vinto, vero?

«Don, non vale, troppo facile! È ovvio che non sono perfetto, nessuno lo è: se fossimo perfetti non saremmo esseri umani!»

Giusto, giustissimo.

Eppure a volte ragioniamo diversamente, senza accorgerci di quanto sia assurdo farlo:
  • pensiamo di poter essere perfetti, dannandoci l'anima alla ricerca di una compiutezza che mai ci apparterrà;
  • pensiamo di dover essere perfetti, sentendoci continuamente sotto esame per mano di qualcuno, o a causa dei canoni che la nostra società ci impone, o a motivo di un'idea irraggiungibile che ci siamo imposti da soli;
  • pensiamo di essere perfetti, salvo svegliarci col mal di testa, inciampare goffamente, o fare un piccolo o grande errore che ci fa sprofondare prima nell'incredulità e poi nella tristezza.

Che poi l'assurdità (una delle tante, del resto… non siamo perfetti ?) è che se un altro ci dicesse "Io posso essere perfetto, devo essere perfetto, sono perfetto", ci faremmo una bella risata e gli diremmo di mettersi l'anima in pace.

Ecco, appunto: l'idea della perfezione si infila tra le pieghe della nostra anima e ci impedisce di vivere in pace con noi stessi, e di conseguenza anche con gli altri.

Durante i 120giorni scopriremo quanto sia prezioso e rasserenante accogliere e custodire la nostra imperfezione.

Se salirai a bordo, sono nuovamente pronto a scommettere che appassionerà anche a te: se vuoi aderire al percorso completo, sei ancora in tempo per farlo cliccando qui.

A domani,

Domenica 24 ottobre 2021
10 - Pronti, posti...

Ciao,

da domani parte il percorso completo dei 120giorni.

Spero tu abbia gradito le email di questi giorni. Esse contenevano riflessioni generali e piccoli assaggi sul nostro modo di comunicare, con noi stessi e con gli altri.

Da domani proseguiremo questo percorso per 120 giorni: alterneremo riflessioni teoriche, cercando di applicarle alla vita di tutti i giorni, a sfide concrete, che se ti divertirai a mettere in pratica, inizieranno a far nascere piccoli importanti cambiamenti in te e nelle tue relazioni.

Come scrive Fra' Giorgio Bonati in questo splendido testo:
 
«È la disciplina di ogni giorno che trasforma, che sa toccare l'anima. Ogni maestro insegna che è solo la goccia quotidiana che sa dare l'acqua necessaria alla vita.
E allora che i nostri passi siano leggeri e semplici all'inizio di questa settimana che ci viene donata. E quando non riesci a camminare a grandi passi per quella via che a Dio conduce, contentati dei piccoli passi e aspetta pazientemente di avere gambe per correre, o meglio, ali per volare

Ti auguro di continuare a desiderare ogni giorno di diventare una persona migliore: perché se con l'aiuto di Dio diventeremo migliori, anche il nostro piccolo metro quadrato intorno a noi diventerà migliore e più vivibile, per noi e per le persone che amiamo.

Oggi è l'ultimo giorno per salire a bordo. Se aderirai, aiuterai anche le mie comunità e la nostra Caritas a supportare le famiglie che bussano alla nostra porta. Clicca qui per aderire:
 
Grazie per questi giorni passati insieme, e spero che continueremo a vederci ogni settimana per il nuovo video del lunedì.

Ti auguro una splendida domenica e una buona continuazione del viaggio della tua vita.

 

Comunicare il Sorriso di Dio