Come sconfiggere le incomprensioni con questa semplice frase: Mi sono fatto un film

  • Chissà come mai mi avrà fatto quel discorso….
  • Ma guarda che non s’è manco accorto che ci sono…
  • Accidenti, come mi ha trattato… mi considera proprio un incapace…

Quante pensieri e quante incomprensioni tra esseri umani!

Tra colleghi, amici, nella coppia, in famiglia, l’incomprensione è sempre in agguato, è una bestia assetata di parole, sguardi e gesti, che fanno crescere fantasie e pensieri che nutriamo nel profondo e nel segreto di noi stessi.

L’incomprensione è alimentata da una paura fondamentale: la paura di non essere abbastanza, la paura di essere abbandonati, in una parola, la paura di non essere amati.

E così, a partire da quel gesto, parola o sguardo, noi ci facciamo un’idea di quello che l’altro sta pensando, e ci rimuginiamo per ore, a volte per giorni, ci crogiuliamo e prosciughiamo le nostre energie a pensarci e ripensarci…

Brené Brown, nel suo splendido libro “La forza della fragilità“, chiama tutto questo la prima rozza stesura: la stendiamo dentro di noi quando ci accade una cosa, o una persona ci dice qualcosa, e noi ci facciamo un’idea di ciò che è accaduto e di ciò che l’altro pensa di noi.

Se ci fermiamo alla prima rozza stesura, e non cerchiamo di andare più a fondo per capire meglio, rischiamo di rimanere vittime di cose che potrebbero esistere soltanto nella nostra testa, visto che spesso interpretiamo ciò che l’altro dice, fa o pensa a partire da ciò che noi pensiamo di noi stessi:

  • Se credo di non valere abbastanza, interpreterò di conseguenza gli sguardi dell’altro.
  • Se sono insicuro e penso di non essere abbastanza degno di essere amato, potrò essere geloso anche di un semplice ciao detto con assoluta naturalezza.

Ecco perché la prima rozza stesura va innanzitutto rivista alla luce di ciò che penso di me stesso, cercando di cogliere ciò che effettivamente l’altro ha detto e di tenerlo distinto dai pensieri che vengono da me.

C’è poi un metodo molto semplice per mettere alla prova la nostra prima rozza stesura, verificarne la validità e superare le incomprensioni: ne possiamo parlare.

Possiamo parlarne con qualcuno di esterno, il quale, se avrà la sensibilità di ascoltarci, ci aiuterà a capire se quei pensieri che ci assillano possono essere reali o provengono da noi stessi.

E poi possiamo parlarne con l’interessato, sempre che alla base del rapporto ci sia un clima di fiducia reciproca (in caso contrario, se fossimo in una situazione in cui percepiamo che l’altro sta cercando di manipolarci, raccontare i nostri pensieri potrebbe dargli ulteriore materiale per continuare a controllarci).

Se dunque c’è fiducia reciproca, parlare dei propri pensieri è importante, ed è altrettanto importante farlo senza dare l’impressione che stiamo accusando l’altro di qualcosa che potrebbe non aver né fatto né pensato. Ecco quindi una bellissima espressione che potremmo usare, suggerita da Brené Brown:

Ascolta: riguardo a ciò che è accaduto ieri, vorrei parlarti del film che mi sono fatto

Potremo poi passare passare a raccontargli i nostri pensieri e le nostre paure.

Ecco qualche esempio:

– Sai, quando ieri mi hai detto che non avevi voglia di andare fuori a cena con i miei amici, mi sono fatto il film che tu non stai volentieri con loro, che li ritieni noiosi e che vorresti allontanarmi da loro.

– Quando ho cercato di parlare con te di quel litigio e ti sei tirata indietro, mi sono fatto il film che tu ti sei stancata di me e che non hai più voglia di parlare per risolvere i problemi.

– Quando durante la riunione mi hai interrotto, mi sono fatto il film che non apprezzassi ciò che stavo dicendo e il lavoro che sto portando avanti.

Intavolando il discorso in questo modo, comunicherò all’altro alcune cose ben precise:

  • dicendo che mi sono fatto un film su ciò che è accaduto, metto in chiaro che non sto accusando l’altro, ma che ho avuto dei pensieri che mi hanno turbato, di cui non sono sicuro, e che mi piacerebbe parlarne insieme per capire bene come stanno le cose in realtà; sto dicendo all’altro che il problema non è lui, ma sono io che mi sono fatto un film su ciò che è accaduto;
  • l’altro non si sentirà giudicato, ma percepirà il mio bisogno di aprirmi e di dargli la possibilità di raccontarmi la sua versione, e sarà così invogliato a farlo proprio perché non si è sentito giudicato;
  • faccio capire all’altro quanto tengo alla nostra relazione, raccontandogli ciò che temo che possa metterla in difficoltà;
  • l’altro potrà capire che in situazioni analoghe sarà bene cercare di esprimere con chiarezza ciò che prova, per fare in modo che io non mi faccia film inutili;
  • e nel contempo, di fronte alla spiegazione che l’altro avrà avuto la possibilità di darmi, anch’io in situazioni analoghe potrò tenere a bada pensieri negativi inutili… e potranno così diminuire i film che mi potrò fare in futuro.

A prescindere da questa espressione, è importante prendere coscienza di non fermarci mai alla prima rozza stesura di ciò che è accaduto; dobbiamo essere coscienti che a volte ci facciamo dei film, e, quando ci sono i presupposti per farlo, che la cosa migliore è parlarne per cercare di chiarire subito ciò che è accaduto.

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